Scrivere è scegliere un argomento, selezionare le parole giuste, meditare meticolosamente sull'inserimento delle stesse tra i tanti segni convenzionali che passano sotto il termine "punteggiatura". Decidere di dare forma concreta a un pensiero attraverso i segni della scrittura è una maniera di esprimersi, che lo si faccia attraverso inchiostro -di penna o di stampante- o che lo si faccia a video -digitando su computer o cellulare-. C'è chi preferisce esprimersi sì a parole, ma non scritte, solo verbali. Quante volte capita di sentire: "Se dovessi scrivere non terminerei nemmeno un rigo, ma se dovessi parlare, allora potrei continuare anche per due ora di fila". Ognuno ha il proprio metodo, perché esprimersi è pur sempre una questione di metodo, no?
Un giorno, mentre raccoglievo le ciliegie e guardavo le perfette palline rosse che facevano capolino tra una fogliolina verde e un'altra, mi accorgevo che nel cogliere un frutto e averlo riposto, mi spostavo di qualche impercettibile centimetro e non appena rivolgevo lo sguardo all'insù, alla vista mi comparivano altre palline rosse. Un cambio di punto di osservazione, direte. Sì, e aggiungo un cambio di prospettiva, volendo utilizzare un linguaggio che sa di "geometrico". Cambio la prospettiva, trovo nuove ciliegie. Cambio la prospettiva, incontro un nuovo ordine di parole. Questo accade quando si scrive. Spostare una parola, scambiarla con un'altra, intersercare sinonimi, regala una prospettiva nuova di forma, di significato, tranne i casi in cui vi sia uno stravolgimento dei termini. La prospettiva è essenziale per capire se davanti ho una lettura armoniosa oppure un po' complessa. Legittime entrambe, il giudizio qui non è chiamato. Scrivere. mi chiedo, non è solo una questione di parole, punteggiatura, è molto di più... Nasconde forse una geometria delle parole? Sì.