Vi è mai capitato di confrontarvi con qualcosa che vi incuriosisce però non ne avete fatto un'esperienza diretta? A me capita con ciò che si definisce "fantasia" e con le produzioni appartenenti al genere fantasy o fantastico. Spesso si incontrano film e libri che raccontano mondi nati dall'immaginazione dell'autore e con la lettura diventano reali e paralleli. Ricordo "La storia infinita", avevo forse 9 o 10 anni: mi aveva attirato la copertina. Uno sfondo verde, due decorazioni bianche laterali che impreziosivano quello che sembrava essere uno specchio ovale e che, a sua volta, era adornato con due sagome di serpenti che si intrecciavano. Il mio occhio aveva subito curiosato nel viale rappresentato al centro dell'ovale che conduceva, tra rigogliosi alberi verdi immersi in una luce rosata, a una piramide luminosa, bianca. Nel film, indimenticabile è la scena in cui Bastian si trova a leggere la storia, nel suo mondo concreto, tangibile per poi, riga dopo riga, essere rapito da quel mondo racchiuso nel ritratto della copertina del libro. Pensando a Fantàsia, pensando a Michael Ende e alla sua capacità di creare, viaggiare e far viaggiare il lettore in una trama spazio-temporale immaginaria e coinvolgente, ho voluto provare a fare esperienza di una scrittura che potrebbe essere di fantasia, o se non lo è, è una scrittura di una dimensione intangibile. Un luogo che non esiste, oppure sì... Dipende dai punti di vista.
C’è una città che conosco. Non ha nome, quindi non saprei dare alcun indizio. Un’indicazione geografica? Non c’è, è ovunque e in nessun posto.
La città a me piace tantissimo per la sua piazza di vita. Al centro non c’è una fontana e nemmeno una chiesa, ma si danno appuntamento esperienze, condivisioni, discussioni. Un’agorà dove semplicemente si dà, si riceve, si dialoga. Quando passeggio tra vie, viuzze e vicoli, non lo faccio in modo realmente riconosciuto. Non cammino con i piedi, non c’è forza di gravità che mi tenga a terra; è un passeggiare sospeso tra parole che si sfiorano, pensieri che proseguono dritti dritti per le loro vie. Difficilmente cambiano strada. A una cert’ora, che non so mai bene quale sia, sento il ricorrersi di discussioni che rimbalzano sui muri dei vicoli stretti; le idee si uniscono vivacemente in piazza. Sì, anche loro, e poi si fermano a bisbigliare sotto i portici. Se mi fermo e paziento, può capitare che compaia all'improvviso un via vai di pensieri. Indossano cappelli colorati, con larghe falde, abbelliti nelle più fantasiose maniere e si salutano, si intrecciano, si contaminano. C’è però un luogo della città che mi piace particolarmente: è il parco. Qui le parole rimangono a riposare nel verde, attendono che le idee e le discussioni le prendano per scendere in città e percorrere vie, vicoli e raggiungere la piazza. Nel tragitto, a volte, le parole lasciano cadere qualche seme che viene raccolto dai pensieri con cappelli estrosi o da riflessioni che passano di là e li porteranno con loro. Comunque sia, da quei semi nasceranno nuove voci che echeggeranno nel silenzio della notte per l’indomani rendere viva la piazza della città.